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Lakatos. Scienza, matematica, storia

Il Saggiatore, Milano, 2000

Imre Lakatos, nel giudizio di Paul Feyerabend,  era “una persona affascinante, un pensatore notevole e il miglior filosofo della scienza di questo strano e scomodo secolo.”

Imre – ricordava ancora Paul – “era un razionalista, perché pensava che l’uomo avesse il dovere di usare la ragione nei suoi affari privati così come in ogni indagine riguardo alla relazione tra se stesso, la natura e gli altri”, ed era inoltre “un ottimista, perché credeva che la ragione fosse in grado di risolvere la maggior parte dei problemi che sorgono nel corso di questa indagine”. Eppure, solo poco tempo prima, Feyerabend attribuiva a all’amico e rivale un’ origine poco nobile, quella di filosofo Pop-Hegeliano: “figlio bastardo di un padre popperiano e di una madre hegeliana.”  I problemi aperti e le tesi proposte dal filosofo di origine ungherese continuano a interessare i campi in cui ha portato i contributi maggiori,  vale a dire la filosofia della matematica e la filosofia della scienza, ma anche l’etica, la filosofia della politica e la teoria dell’educazione. La sua concezione dialettica della matematica e la nozione di programma di ricerca scientifico sono il fertile prodotto di una combinazione filosofica fra le idee di Popper e di Hegel. Ma proprio per questa ragione vi è, all’interno del pensiero di Lakatos, una tensione irrisolta tra lo storicismo hegeliano e il fallibilismo popperiano che si risolve nell’audace ricerca di una “terza via” tra dogmatismo e scetticismo, contro forme di resa intellettuale che equiparano forza e diritto.